HomesanitàCrisi economica e Sanità

Crisi economica e Sanità

(Tratto da “L’ospedale” n.3, Luglio-Settembre 2009)


  1. Premessa

La crisi economica che si è abbattuta su tutto il mondo negli ultimi mesi del 2008 rappresenta un evento di proporzioni gigantesche, tuttora oggetto di studio e analisi da parte di economisti ed esperti di finanza, e di preoccupazione per i governi e le popolazioni di tutti i paesi.

E’ un evento tuttora in corso, i cui tempi ed esiti nessuno è in grado di prevedere, e che pone enormi interrogativi non solo agli addetti ai lavori, ma anche a tutti coloro che si debbono confrontare con problemi di programmazione e di gestione di qualunque attività umana.

Fra questi, a pieno titolo, possiamo annoverare i responsabili dei sistemi sanitari e ospedalieri.

  1. La situazione economica generale

Per quello che ci è possibile comprendere oggi, fondandoci più su report specialistici e su dati di cronaca che su approfonditi studi scientifici, che non sono ancora disponibili, la situazione economica generale, secondo un opinione largamente diffusa, rientra fra quelle che gli economisti definiscono “crisi strutturali”.

La nota economica del Centro Studi Assolombarda del 17 Aprile 2009 osserva che “di conseguenza, dobbiamo attenderci dei cambiamenti strutturali nelle relazioni finora osservate fra le componenti economiche.

Alla luce di ciò, è lecito attendersi una riduzione nei potenziali di crescita a livello mondiale”

In concreto e a breve termine, le previsioni per l’anno 2009 per il nostro Paese variano da – 3,6% a – 4,4% del PIL, con una ripresa nel 2010 lenta e debole, e ancora caratterizzata da crescita negativa.

I livelli di PIL pre-crisi potrebbero essere recuperati dell’Italia addirittura solo dopo il 2013.

Più oltre gli esperti dicono che è troppo azzardato fare previsioni.

Con questi pochi, e non confortanti, elementi provvederemo ad interrogarci sui possibili effetti della crisi economica sul nostro sistema sanitario. A questo scopo esamineremo la situazione esistente, le prospettive a medio termine, le possibili criticità e le soluzioni.

  1. La situazione economico-finanziaria del sistema sanitario italiano

Qualunque considerazione sulla situazione economico finanziaria del sistema sanitario italiano non può prescindere da un elemento fondamentale.

La spesa sanitaria italiana (fig. 1) è, e continuerà ad essere, inferiore a quella dei Paesi a noi più affini per sviluppo economico quali Francia, Germania, Svezia, Austria e Gran Bretagna (1,2)

Il problema italiano non è dunque quello di una spesa sanitaria eccessiva, anzi.

E’ invece quello di una spesa sanitaria più che moderata in uno Stato con una spesa pubblica complessiva eccessiva.

Come osserva il Rapporto CEIS Sanità 2008 (3), il “problema è tutto interno ai vincoli di spesa pubblica”, concetto già presente nel Rapporto CER 2007 (4), che osservava come “anche dal versante della spesa sanitaria non può non venire un contributo decisivo nel breve periodo a rimettere la nostra finanza pubblica sul sentiero del riequilibrio”.

Queste considerazioni ci consegnano, prescindendo dalla crisi in corso, l’immagine di una Sanità virtuosa prigioniera di un sistema paese dissipatore, e questo in termini generali è indiscutibilmente vero.

Altrettanto vero, però, è che il sistema sanitario italiano, complessivamente virtuoso, contiene al proprio interno vaste aree di inefficienza completamente ingiustificate, che generano disavanzi e riducono la qualità del servizio.

Luca Ricolfi nel 2008 (5) ha calcolato gli sprechi sanitari pro-capite delle Regioni Italiane, evidenziando come solo due Regioni (Friuli e Lombardia) non hanno sprechi, tre Regioni (Veneto, Emilia Romagna e Toscana) hanno sprechi molto ridotti (sotto i 100 € pro-capite) mentre due Regioni (Sicilia e Campania) sono addirittura al di sopra di 600 € pro-capite, con sprechi superiodi al 40% della spesa “giusta” (fig. 2 )

D’altra parte i disavanzi sanitari accumulati, elaborati nel Rapporto Oasi 2007 (2), mostrano Regioni con un disavanzo storico pro-capite ormai equivalente alla  quota capitaria  “giusta” (fig. 3 )

Un disastro.

In sintesi, dunque, il Sistema sanitario italiano si presenta come prigioniero di due aggressioni. Una, esterna, rappresentata dal disavanzo complessivo dello Stato, e un’altra, interna rappresentata dall’inefficienza sanitaria di alcune Regioni.

Un mix che minaccia di strangolarlo, come vedremo più avanti.

Occorre qui introdurre un’ultima considerazione sulla dinamica futura della spesa sanitaria.

Anche a questo proposito, le stime a lungo e a breve periodo sono abbastanza ottimistiche.

Il Rapporto CER (4) calcola un incremento di circa 1,6 punti del PIL fra il 2005 e il 2050, in costanza di consumi sanitari, mentre il Rapporto CEIS, (3) sul breve termine, stima un incremento 2009-2010 del 0,2% del Pil.

Entrambi gli studi però delineano questo quadro ipotizzando una dinamica attiva del PIL.

In caso di caduta del prodotto interno lordo, la caratteristica del comparto sanitario di essere un settore “aciclico” (cioè sostanzialmente caratterizzato da domanda – offerta rigida non influenzata dal ciclo economico generale) non potrebbe che provocare un forte disavanzo, che ancora una volta metterebbe in difficoltà la sostenibilità del sistema.

Abbiamo qui dunque una terza possibile aggressione al sistema sanitario italiano, rappresentata dalla diminuzione del PIL, e questo purtroppo è ciò che sta avvenendo con la crisi   economica.

FIG. 1  Incidenza della spesa sanitaria pubblica sul PIL

(1990; 1995; 2000-2005)

1990 1995 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Francia

6,4

7,2

7,5

7,6

7,9

8,6

8,7

8,9

Germania

6,5

8,3

8,2

8,3

8,4

8,5

8,1

8,2

Svezia

7,5

7,0

7,1

7,4

7,8

7,9

7,7

7,7

Austria

5,1

6,7

7,6

7,6

7,6

7,7

7,8

7,7

Regno Unito

5,0

5,8

5,9

6,2

6,4

6,7

6,9

7,2

Italia

6,1

5,1

5,8

6,1

6,2

6,2

6,6

6,8

Spagna

5,1

5,4

5,2

5,2

5,2

5,5

5,7

5.9

  1. Le prospettive a medio termine

La complessa situazione che abbiamo sinteticamente delineato si apre a scenari di evoluzione a medio termine condizionati da almeno tre fattori:

a) rigidità della spesa pubblica

b) tensione sulle inefficienze

c) effetti della crisi economica

Il primo fattore rappresentato dalla rigidità della spesa pubblica non è una novità

I vincoli comunitari, e più generali esigenze di risanamento della finanza pubblica, escludono radicalmente che il disavanzo dello Stato possa essere ampliato ulteriormente, essendo l’Italia fra i pochissimi paesi dell’Unione Europea con un debito pubblico superiore al 100% del PIL.

Questa situazione, che ridiscuteremo più avanti in relazione alla crisi economica, esclude comunque di poter effettuare manovre significative di aumento della spesa sanitaria.

Anzi, come abbiamo già detto, seppure sia meno costoso rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea, il Sistema sanitario italiano sarà costantemente chiamato a sacrifici per concorrere a ridurre il deficit pubblico.

Sacrifici minori, probabilmente, rispetto ad altri comparti, ma sempre sacrifici.

Il secondo fattore – tensione sulle inefficienze – esprime una questione ormai posta in modo irreversibile all’attenzione pubblica, rappresentata dall’equità nella allocazione delle risorse fra le Regioni.

E questa questione oggi si chiama, e si chiamerà sempre di più in futuro, federalismo sanitario.

Anche se nessuno può dire oggi come ciò si realizzerà nei prossimi anni, il quadro generale sembra ormai chiaro.

Le risorse economiche per il Sistema sanitario italiano sono prodotte  in misura maggiore nelle regioni in equilibrio finanziario del centro nord, e trasferite in parte alle Regioni in disavanzo del centro-sud.

Trasferite come ripianamento di deficit a piè di lista.

E’ probabile che questo non avverrà più, e che tutte le Regioni riceveranno fondi calcolati sulla base di “costi standard”.

Oggi è aperto il dibattito se i costi standard saranno calcolati prendendo a riferimento le due Regioni più virtuose (Lombardia e Veneto) o se ad esse si aggiungeranno la terza e quarta Regione nella scala della lista (Emilia – Romagna e Toscana).

Ma è certo che questo calcolo comporterà minori finanziamenti abbastanza significativi (da 2 a 7 miliardi di Euro ?) per l’insieme delle Regioni in disavanzo. Gli effetti di questa manovra sarebbero attenuati dalla costituzione di un fondo di ripiano del deficit storico dalla durata di cinque anni ( ? ) da ridursi del 20% all’anno.

Si può facilmente immaginare cosa potrebbe comportare una simili manovra, ma è ben difficile pensare che si possa continuare all’infinito nella attuale situazione , che oggettivamente premia il disavanzo e l’inefficienza.

Il terzo fattore – effetti della crisi economica – interferisce inevitabilmente sui primi due.

Per  quanto riguarda la spesa pubblica, le politiche di quasi tutti gl Stati occidentali, a partire dagli USA, stanno sviluppando numerosi intereventi di sostegno alle imprese e ai consumi, stampando moneta e incrementando, conseguentemente, la spesa pubblica.

Non sorprende che un Paese già indebitato come l’Italia abbia meno margini di altri.

Esso infatti deve fare una cosa (aiutare imprese e famiglie) e anche il suo contrario (ridurre il debito pubblico). Nella consapevolezza che appena si uscirà dalla crisi, chi sarà più indebitato dovrà pagare un conto molto salato.

Per quanto riguarda la spesa sanitaria, la riduzione dei ricavi fiscali, e in particolare dell’IVA, a cui stiamo assistendo in questi ultimi mesi, non può non ridurre il Fondo sanitario nazionale.

Questo provocherà una accelerazione del federalismo fiscale con una riduzione brutale delle inefficienze? Oppure provocherà una riduzione di fatto delle prestazioni sanitarie più sensibile nelle Regioni “canaglia” ? O una drastica riduzione dell’offerta tramite un taglio diffuso dei posti letto ospedalieri, accompagnata da dichiarazioni sul potenziamento dell’assistenza territoriale ? O altro ancora ?

E’ impossibile oggi rispondere a queste domande. Possiamo solamente mettere a fuoco le criticità e pensare, almeno in teoria, a qualche possibile rimedio

FIG. 2             Sprechi sanitari pro capite delle regioni italiane

(2003-2004, valori in miliardi)

Regioni

Spesa

pro capite

effettiva

———-

a

Spesa

pro capite

“giusta”

———–

b

Sprechi

pro capite

assoluti

———–

a-b

Sprechi

pro capite

percentuali

—————

(a-b)/a

Friuli

1.531

1.541

– 10

– 0,7

Lombardia

1.461

1.462

–   1

– 0,1

Veneto

1.505

1.500

5

0,4

Emilia Romagna

1.604

1.524

80

5,0

Toscana

1.555

1.462

92

5,9

Umbria

1.530

1.348

182

11,9

Marche

1.445

1.261

184

12.8

Abruzzo

1.566

1.311

255

16,3

Liguria

1.707

1.390

316

18,5

Piemonte

1.557

1.262

295

19,0

Lazio

1.717

1.314

403

23,5

Basilicata

1.374

1.005

369

26,9

Molise

1.711

1.242

469

27,4

Puglia

1.352

971

381

28,2

Sardegna

1.488

1.031

457

30,7

Calabria

1.337

825

512

38,3

Sicilia

1.438

817

620

43,1

Campania

1.494

845

648

43,4

Da: L. Ricolfi – Profondo Rosso. Pag. 111

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