HomedisinfestazioneSanto Domingo, un piano contro il “Dengue”

Santo Domingo, un piano contro il “Dengue”

(Tratto da GSA n.5, maggio 2012) La testimonianza di Vera Lazzeri, un medico che da diversi anni vive e lavora a Santo Domingo, sul problema delle zanzare, veicoli della principale arbovirosi umana.

Si parla spesso dei danni, quasi mai della prevenzione

Si sente parlare di zanzare solo quando portano gravi malattie. Il che avviene quasi sempre nei paesi tropicali, ai danni delle popolazioni di laggiù. Pochi, però, conoscono l’esperienza di persone che credono molto nel ruolo della prevenzione, e in tal modo riescono a limitare i danni procurati dalle zanzare.

L’esperienza di Vera Lazzeri

Una di queste è Vera Lazzeri, un medico che dal 2005 vive e lavora a Santo Domingo. Il clima della Repubblica Dominicana è in prevalenza tropicale con abbondanti piogge tutto l’anno e temperatura tra i 25 ed i 35°C; vi è una stagione più secca che va da gennaio a aprile ed una ciclonica che va da giugno a novembre, in cui, specialmente nei mesi tra agosto e ottobre, è più probabile il passaggio di un uragano di categoria superiore con conseguenti inondazioni. Ci sono zone più secche al sud-ovest e più fredde nelle località più alte.   Vera aveva già vissuto laggiù per 3 anni e mezzo negli anni ’80, lavorando in un progetto di volontariato nell’interno del paese, in una zona rurale e, una volta andata in pensione, ci è tornata e ha iniziato la sua attività di volontaria in un progetto tutto suo di controllo delle zanzare per contrastare il dengue.

Il “dengue”

“Quando sono arrivata nel 2005 – dice Vera Lazzeri – mi sono resa conto che il dengue, che quando vivevo qua praticamente non esisteva più o meglio stava appena ricomparendo, era diventato un problema grave. In Repubblica Dominicana, come anche nel resto dei Caraibi, era ridiventata una malattia endemica con epidemie ricorrenti e con una letalità in questo paese troppo elevata (21,43%). Ho deciso quindi di cercare il modo di occuparmi del problema. 

Verso un nuovo modello di sanità

Lavorare in quei luoghi con molte altre priorità comporta un grande impegno ed altrettanta dedizione. La Repubblica Dominicana dal punto di vista sanitario è un paese abbastanza “sicuro”: già da alcuni anni si sta portando avanti un discorso di Sanità Pubblica che cerca di “europeizzarsi”, ossia passare da un sistema di tipo statunitense con assicurazioni private che ti coprono solo quando sei giovane e sano ad un sistema sanitario nazionale con copertura per i contribuenti, ma anche per le fasce economicamente più deboli. Dal punto di vista delle malattie tropicali è presente il dengue in tutte le zone urbane e vi sono ancora alcune zone con presenza di malaria, specialmente vicino alla frontiera con Haiti.

Malaria e dengue: due problemi diversi

“Per quanto riguarda la malaria – prosegue Vera Lazzeri – il problema preventivo è più legato ad opere di bonifica ed interventi “statali” mentre per il dengue, date le abitudini casalinghe del vettore Aedes aegypti, la prevenzione è fortemente legata ai comportamenti della popolazione nella propria casa; così ho deciso di prendere contatto con le istituzioni locali e mettermi a disposizione per interventi mirati in alcuni settori.”

Le istituzioni locali

“L’istituzione che da subito ha risposto all’appello è stata il CENCET (Centro Nacional de Control de Enfermedades Tropicales – Centro Nazionale per il Controllo delle Malattie Tropicali); tutti i dirigenti e gli operatori di questo centro governativo sono stati disponibilissimi fin dall’inizio: abbiamo formato i primi volontari ed il CENCET stesso ha sempre fornito il Temephos, un larvicida.”

Le inchieste-intervento

Grazie alle esperienze maturate in passato, la dottoressa Lazzeri è riuscita a reperire un certo numero di volontari e con la Commissione Salute del Club San Carlos, istituzione culturale-sportiva del quartiere San Carlos, ha coinvolto scuole della zona e, visto che i ragazzi del liceo per potersi diplomare devono effettuare 60 ore di lavoro sociale, ha cominciato con loro a fare le inchieste-intervento.

Il colera da Haiti

“Quando in ottobre 2010 sono apparsi i primi focolai di colera in Haiti, che si sono poi rapidamente estesi anche alla Repubblica Dominicana – prosegue la dottoressa Lazzeri – , è stato facile raccogliere informazioni e fare prevenzione colera nelle zone dove eravamo già presenti con la prevenzione dengue casa per casa.” Riuscire a coinvolgere un così gran numero di persone per realizzare un progetto così complesso e di una tale portata non deve essere stato semplice. Questo testimonia senza dubbio l’importanza dello scambio di informazioni, soprattutto in un contesto così difficile per le differenze di vita e di status sociale, in cui il “problema zanzare” non può sicuramente considerarsi circoscritto a specifiche aree del territorio.

L’Aids entra nel progetto

“San Carlos è un quartiere storico confinante con la Zona Colonial, quindi centrale, che presenta situazioni molto variate, da zone di classe media a zone di tipo marginale. Il CENCET come ho detto è stato disponibilissimo fin dall’inizio e sono riuscita a trovare i primi volontari nell’ambito del “volontariato Aids”, uno dei primi progetti Aids di ONG in Repubblica Dominicana: ero qua per un progetto di salute comunitaria quando l’Aids irruppe nelle nostre vite e così lo “infilai” nel progetto, come ho fatto ora con il colera del resto.

I primi finanziamenti

Il tutto è cominciato con pochi soldi provenienti dalla attività sia di mia sorella in Italia che mia qui di insegnamento del taijiquan, con ricavato di cene di solidarietà, etc.. Poi, grazie ad una amica,  sono venuta a conoscenza dei progetti finanziati dalla Tavola Valdese e così ho avuto un primo finanziamento, seguito da un altro, e poi ho avuto anche un finanziamento dal Rotary Club di Firenze. Il tutto si può vedere sul nostro sito http://taichi.firenze.it/it/att_socSDO.php.”

La dottoressa Lazzeri svolge un ruolo davvero importante a livello internazionale in quanto invia i bollettini con i report delle attività ad un gruppo selezionato di persone. Con il suo aiuto cercheremo di fornire alcuni dettagli sul suo Piano di Prevenzione dengue.

Il Piano: un’inchiesta-intervento

“Si visitano tutte le case di un settore, isolato per isolato o settore per settore, quando gli isolati non sono ben delimitati. Non si parla quindi di “campione” di case, perché le case visitate non si scelgono a caso né secondo criteri specifici, ma si tratta di tutte le case abitate, perché l’obiettivo del nostro lavoro non è né l’inchiesta entomologica per programmare una qualche azione futura, né scrivere un lavoro scientifico: il nostro obiettivo è la prevenzione del dengue nei settori visitati. Il nostro lavoro si può definire inchiesta-intervento.”

Il lavoro ferve…

“L’unità spaziale che si utilizza corrisponde a un circondario di case, che si possono visitare in un giorno, cosicché il raggio di copertura in metri varia molto secondo la densità delle case: si tratta cioè più di una misura di lavoro comunitario che ecologica. Lavorando con gli studenti dei licei si riesce a coprire in due giornate l’intero quartiere di San Carlos ed ora anche gran parte della Zona Colonial. Gli studenti vanno a coppia, possibilmente un ragazzo e una ragazza (per sicurezza degli studenti stessi e per facilitare l’apertura delle case da parte degli abitanti), ogni coppia visita 30 case nella giornata lavorativa.

Alcuni dettagli

Con il termine casa si intende qualsiasi tipo di edificio, privato o commerciale.

Si usano i seguenti indici:

  • Indice casa:

Definito nel Regolamento Sanitario Internazionale dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) come “indice di Aedes aegypti”, è la percentuale di case positive per larve o pupe.

  • Indice recipiente:

È la percentuale di recipienti con acqua positivi per larve o pupe.

  • Indice di Breteau:

Quantità di recipienti positivi ogni 100 case visitate.

 

Come si procede

Gli intervistatori sono studenti liceali che in tal modo possono adempiere al lavoro sociale di 60 ore loro richiesto per potersi diplomare.

Il fine della visita è la ricerca di allevamenti reali o potenziali (Trattamento focale) e si esegue nella seguente maniera: previa breve spiegazione di quello che si farà perché sia permesso l’accesso alla casa, il lavoro si inizia dal lato destro del patio posteriore (quando si tratta di case con patio) e si continua tutto intorno alla casa, finendo nel patio anteriore di ogni casa.Si raccomanda l’eliminazione di recipienti inservibili accumulati all’aperto ed il trattamento di quelli imprescindibili per gli abitanti della casa. Ogni recipiente positivo viene distrutto o svuotato e posizionato in modo da evitare nuovi allevamenti. Terminata l’ispezione dell’area aperta si passa a ispezionare l’interno dell’abitazione, stanza per stanza, dal fondo della casa verso la porta di ingresso. Ogni superficie che rimane alle spalle dello studente deve essere stata ispezionata. Entrando in ogni stanza l’operatore comincia ad ispezionare dalla sua destra. Seguendo attentamente questo procedimento si evitano errori e perdite di tempo.

E’ importante l’educazione

La presenza degli abitanti della casa è utile per mostrare i singoli passi da seguire per evitare potenziali allevamenti e per informare sull’importanza che essi stessi realizzino le stesse azioni da lì in avanti, una volta a settimana. Si educano le persone su come mettere i recipienti per evitare l’accumulo di acqua e si motivano a non accumulare materiale inservibile nelle vicinanze della casa.

La comunicazione dei risultati

I risultati dell’inchiesta entomologica vengono poi comunicati la settimana seguente al CENCET, all’Area di Salute Pubblica (Igiene) della zona interessata ed agli stessi intervistatori al fine della loro diffusione alla comunità. La base dati è processata e analizzata con un programma ad hoc realizzato da Roberta Lazzeri. Spiega Vera: “La zanzara vettore dei virus del dengue ama vivere nelle abitazioni e nelle vicinanze delle case abitate dagli esseri umani e deposita le sue uova in recipienti di acqua pulita raccolta dagli stessi esseri umani; la raccolta di questa acqua non dipende tanto dal fatto di avere acqua corrente o meno in casa, ma dai comportamenti delle persone.”

 A domanda… risposta

 

Dottoressa Lazzeri, quali contributi potrebbero fornire soggetti istituzionali interni ed esteri per aiutarla nel suo lavoro tenendo conto anche dellimportante ruolo che riveste il turismo in queste località così frequentate da americani ed europei?

“Nella Repubblica Dominicana sarebbe bene poter avere un servizio tipo CENCET decentralizzato per provincia o anche per area di salute (tipo ASL) per poter intervenire rapidamente e circoscrivere i focolai. Dall’esterno sarebbe importante avere aiuti per formare personale infermieristico per il riconoscimento e gestione della persona con febbre e/o diarrea. Del resto dalla sanità privata “selvaggia” con una pletora di specialisti medici, si deve passare ad una sanità pubblica, per cui manca personale infermieristico ben qualificato. Il turismo come tutti i movimenti di persone e merci è sempre una fonte anche di diffusione di malattie, quindi sarebbe importantissimo poter controllare i vettori al fine di eradicare la malattia, il dengue, così da non ricevere qui nuovi ceppi virali (anche se sono già presenti i 4 tipi virali del virus del dengue) e non esportarli altrove.”

 

Un lavoro come il suo potrebbe essere letto come un ottimo esempio per altri che lavorano in situazioni simili?

 “Certo, ma la chiave è l’educazione della popolazione. Questo ha bisogno di tempo e grande impegno. La gente va anche educata a riconoscere la malattia o la possibilità della stessa e comportarsi di conseguenza. Si dovrebbero anche educare di più i medici e specialmente formare personale infermieristico qualificato allo scopo, per riconoscere rapidamente segni e sintomi ed attuare di conseguenza senza far arrivare la persona ammalata allo shock. Per questo è importante anche informare la popolazione sul da farsi in caso di febbre, ossia considerare ogni febbre possibile dengue e quindi reidratarsi e non assumere prodotti antifebbrili tipo FANS (aspirina, diclofenac, etc.). Per il colera poi è indispensabile che la popolazione sappia reidratarsi immediatamente con preparazioni casalinghe appena si presenta una diarrea. Riferisco con piacere il fatto che grazie al nostro intervento in San Carlos con assemblee e distribuzione di depliant di reidratazione orale casalinga appena saputo dell’epidemia in Haiti, quando abbiamo avuto un focolaio in una corte, le persone già sapevano che fare, nessuno è arrivato disidratato in ospedale e non ci sono stati morti. Importante è innanzitutto salvare vite: nessuno deve morire di colera e la letalità del dengue dovrebbe essere inferiore all’1%.

di Claudio Venturelli

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